Se c’è un momento buono per pensare è quando si fa la spesa al supermercato. Io, per esempio, lista alla mano, mi accorgo di cominciare a pensare già all’inizio del percorso tra gli scaffali.
E’ un pensare leggero, lineare, che segue l’ordine della merce esposta, la solita rassicurante sequenza di prodotti da acquistare. Mentre spingo il carrello, pondero, scelgo, decido, acquisto. Tutto fila liscio. E penso.
Penso che non sono poi così libera di scegliere, che molto del nostro vivere è un inganno e che quella sequenza di prodotti è un’illusione. Penso che alla fine, immancabilmente, scelgo il prodotto che costa di meno o, al massimo, quello che costa di più tra i meno cari. Così, per il gusto di osare.
Arrivo alla cassa e completo gli acquisti. Di solito osservo le facce delle persone in fila, le loro mani e i grandi occhiali scuri dietro cui molti si nascondono. Vorrei parlare con tutti, ma non parlo con nessuno. Pago e carico la spesa in macchina.
Riparto. Faccio il giro lungo per continuare a pensare. Se percorro la strada lunga e dritta mi viene più facile fare ordine mentale. Solo che, spazzata via la polvere e rassettato qua e là, i pensieri provano a mettersi in fila, ma per ballare il can can.
Non riesco a fare di meglio: mi vien quasi di tornare al supermercato per aggirarmi tra gli scaffali. Lì si che si pensa bene, cacchio! C’è il reparto sughi e condimenti dove l’odore di glutammato fa quasi un effetto doping: lì riesco a mettere in fila due pensieri decenti, roba che potrebbero essere perfino spunto per una conversazione. Forse pure intelligente, non posso escluderlo.
E invece no. Puff! Si dissolvono come bolle di sapone e mi ritrovo con la solita espressione corrucciata che mi fa pure venire le rughe. Puff! Non so che pesci prendere. Puff! Ora che faccio? Torno indietro: ho dimenticato il latte fresco e il detersivo da bucato. Puff!